Di Salvatore Daniele Gambitta
Customer experience significa, prima
di tutto, curare il rapporto con i clienti attraverso pratiche commerciali
corrette. Tuttavia, capita di rimanere interdetti da impiegati e dirigenti che
hanno un atteggiamento o una condotta contraria alla comune deontologia professionale.
Impariamo a capire e riconoscere questi comportamenti.
La serietà e il prestigio di
un’azienda si percepiscono dal rapporto che instaura con i propri clienti e
dalle pratiche commerciali che essa adotta.
Trovare un ambiente appassionante;
essere a contatto con un personale cortese e simpatico non sempre è tutto. Di
tanto in tanto, i punti vendita usano delle pratiche commerciali poco conformi
alla “diligenza professionale”, e mettono in pratica dei comportamenti che
causano danno ai consumatori o alle stesse micro imprese.
In Europa vige il Codice del Consumo,
emanato in Italia nel 2005, disciplinate le norme da osservare nello
svolgimento dei rapporti commerciali. Le norme servono da tutela per i
consumatori e precetto di buon comportamento per l’esercizio di un’attività
commerciale.
Presso il sito www.codicedelconsumo.it sono elencate le norme utili sia per i consumatori sia per
gli imprenditori; in particolare sono precisate le tre abitudini commerciali considerate
sleali che il commerciante furbo utilizza: le pratiche commerciali scorrette, ingannevoli e aggressive.
Nell’Art.2
del Codice del Consumo spiccano i capisaldi della disciplina e sono messi ai
primi posti: il diritto alla salute, la sicurezza, la qualità dei prodotti e
dei servizi. Queste caratteristiche sono ritenute essenziali per il nostro
ordinamento.
L’altro principio
indispensabile è il diritto ad avere informazioni adeguate e una pubblicità
corretta nell’esercizio delle pratiche commerciali. Inoltre, titolari e
impiegati devono agire secondo il principio della buona fede, correttezza e
lealtà.
Continuando
con il diritto all’informazione, l’Art.5 specifica che le informazioni, in un’attività,
devono essere “chiare e comprensibili”, tali da assicurare la consapevolezza
del consumatore.
L’articolo
18 introduce le disposizioni generali che riguardano: “Pratiche commerciali, la
pubblicità e le altre comunicazioni generali”. Definisce le pratiche
commerciali tra professionisti e consumatori: “Qualsiasi azione, omissione,
condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità
e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, riguardo
alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.
All’interno
di ogni azienda è previsto un “codice di condotta”, che definisce il
comportamento dei professionisti che s’impegnano a rispettare tale codice; a
proposito di una o più pratiche commerciali, a uno o più settori
imprenditoriali specifici. Inoltre è previsto un “responsabile del codice” che salvaguarda
la “diligenza professionale”e assicura l’attenzione e la competenza che
ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti,
rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede, nel settore di
attività del professionista.
Le pratiche commerciali scorrette sono tali
quando è alterato il rapporto economico tra il consumatore e il professionista
che adotta un comportamento contrario alla normale diligenza, come recita
l’Art.20.
La pratica
commerciale è un’azione, un comportamento, una comunicazione commerciale
(compresa la pubblicità e la commercializzazione di un prodotto); fatta da un
professionista riguardo alla promozione, alla vendita o alla fornitura di un bene o servizio ai consumatori.
La pratica
commerciale diventa scorretta quando l’esercente viola la diligenza
professionale, che è legittimo attendersi dal professionista; e induce il
consumatore a prendere una decisione, che normalmente non avrebbe preso.
In
particolare sono protetti i “consumatori e gruppi di consumatori chiaramente
individuabili e particolarmente vulnerabili […] per la loro infermità mentale o
fisica, per la loro età o ingenuità”.
Con l’articolo
venti del codice del consumo, il diritto a essere “adeguatamente informati e
avere una corretta pubblicità” diventa un diritto fondamentale per il cittadino
quando: stipula un contratto, usufruisce di una promozione, di un’offerta;
quando ascolta la pubblicità o una comunicazione.
Tra le
pratiche commerciali scorrette rientrano le forniture
non richieste e i servizi finanziari non
richiesti.
Per i
contratti conclusi a distanza, i consumatori devono fare esplicita richiesta su
supporti durevoli per la fornitura di un servizio o la vendita di un prodotto,
e possono esercitare il diritto di recesso entro quattordici giorni dopo
l’acquisto.
Le Pratiche
commerciali ingannevoli sono numerose; rientrano nella categoria le “informazioni
non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, nella sua presentazione, induca
o è idonea a spingere in errore il consumatore […] e lo induce o è idonea a
indurlo ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso”.
Tra i
numerosi errori previsti all’Art.21, spiccano le caratteristiche
principali del prodotto: il prezzo, l’assistenza post-vendita, il trattamento
dei reclami, la consegna, l’idoneità, gli usi, la quantità, la descrizione,
l’origine. Si considera la condotta ingannevole anche quando genera confusione
sul marchio o la sua origine.
Tuttavia le
pratiche ingannevoli in Italia più difficili da sconfiggere, riguardano le
banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari quando “ai fini
della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione
di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o
intermediario ovvero all’apertura di un conto corrente presso la medesima
banca, istituto o intermediario”.
Un comportamento è considerato mendace quando esistono delle omissioni
ingannevoli che riguardano informazioni rilevanti per il consumatore mentre
deve prendere una decisione consapevole.
Rientrano
nel novero delle omissioni ingannevoli gli occultamenti; le presentazioni del
prodotto in modo oscuro (per esempio le ricette segrete), in modo
incomprensibile, ambiguo o fuori tempo. Nonché quando è omesso il prezzo o
quando sono imposte delle restrizioni in termini di spazio e di tempo.
Nel caso di
un invito all’acquisto il consumatore deve sempre controllare: a) le
caratteristiche principali del prodotto;
b)
l’identità del professionista e la denominazione sociale della propria azienda;
c) Il
prezzo comprensivo delle imposte;
d) le
modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami;
e) l’esistenza
di un diritto di recesso o scioglimento del contratto, per i prodotti e le
operazioni commerciali che comportino tale diritto.
Le pratiche
commerciali aggressive sono considerate tali quando il venditore usa “molestie,
coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento,
limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di
comportamento del consumatore medio a proposito del prodotto e, pertanto, lo
induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che
non avrebbe altrimenti preso”
L’articolo
25 de CdC prende in considerazione il ricorso alla minaccia fisica o verbale; lo
sfruttamento da parte del professionista di un evento tragico o circostanza
specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del
consumatore. Rientra tra l’altro, qualsiasi minaccia di promuovere un’azione
legale ove tale gesto sia manifestamente temeraria o infondata.
In ogni
caso l’Art.26 considera aggressive le pratiche commerciali che creano
l’impressione al consumatore di non poter lasciare i locali commerciali fino
alla conclusione del contratto.
Quando in
venditore, a casa del consumatore, ignora l’invito a lasciare la propria
residenza.
Quando sono
effettuate ripetute richieste commerciali per telefono, fax, posta elettronica
o altro mezzo di comunicazione. Sono comprese le pubblicità che esortano i
minori affinché acquistino o convincano i genitori a comprare i prodotti
reclamizzati.
Tra le
numerose azioni sono compresi i pagamenti immediati di prodotti che, il
professionista ha fornito, ma il consumatore non ha richiesto. Informare
esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio
saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista;
Lasciare
intendere che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo
una determinata azione, un premio o una vincita equivalente, mentre, in
effetti, non esiste alcun premio né vincita.