giovedì 9 marzo 2017





Lucky Bar
Ramacca, Viale libertà 31

Iniziare una nuova impresa è veramente entusiasmante per una persona; soprattutto quando si hanno numerosi amici che sono stimolati a collaborare per promuovere un’attività commerciale.
Il Lucky Bar nasce dalle solide basi professionali di Giuseppe, un giovane che vanta una lunga esperienza nell'ambito della ristorazione; sopratutto, è specializzato nella pasticceria e tavola calda siciliana. Grazie alla sua tenacia, è spinto dalla voglia di promuovere i propri prodotti, in un ambiente sano, amichevole e familiare. 

L’obiettivo prioritario di Giuseppe è farsi conoscere, puntando sulla promozione. A riguardo, si è scelto di puntare sulla colazione.
Il primo manifesto realizzato per il Lucky Bar è nato casualmente quando il sottoscritto, all'indomani dell’apertura si è recato per fare un paio di foto da esporre su Facebook, nella  rispettiva pagina del bar. In più, ci siamo imposti di realizzare più post, che serviranno per la pubblicità e le successive promozioni. Ad oggi le idee mirano a migliorare il rapporto con i propri clienti e, soprattutto, sostenere un luogo d’incontro all'insegna dell'amicizia.


giovedì 3 novembre 2016

Le sette abitudini di un ottimo manager per una Customer Experience eccellente



Di Salvatore Daniele Gambitta


La frase ricorrente “l’esperienza del cliente è molto importante” è tanto celeberrima quanto abusata. Una domanda deve sorgere spontanea: come si fa a guidare il miglioramento di un’azienda, quando il perfezionamento è composto di più elementi?

In primo luogo, è necessario essere consapevoli che creare un’esperienza, per il cliente, è un vero e proprio sport di squadra.

In seguito, il responsabile del Customer Care per essere un ottimo leader deve praticare costantemente sette buone abitudini:

1. Capovolgere l'orientamento.

Le aziende e i media gestiti nel modo più dilettantistico si concentrano, di solito, su ciò che hanno da vendere. Le organizzazioni migliori, diversamente, mettono in primo piano il cliente riflettendo maggiormente sul servizio effettivo, avendo un occhio di riguardo alle esigenze dei clienti. Facendo della loro onestà e bontà una bandiera.
Naturalmente le migliori aziende fanno di tutto per mostrare la loro professionalità e nascondere i problemi interni.

2. Ascoltare il cliente

L’errore più grande che può fare un dirigente di marketing è pensare di conoscere il proprio cliente; la conoscenza in realtà è solo un mito.
I migliori manager di Customer experience insistono maggiormente sulla ricerca attraverso: 

  • L’ascolto sociale; 
  • I sondaggi; 
  • I focus group; 
  • Le indagini etnografiche. 
Questi strumenti di analisi comportamentali servono per comprendere meglio il proprio cliente e metterlo sotto una lente d’ingrandimento per osservare e studiare il suo comportamento.

3. Chiudere il ciclo

L’ascolto serve per fare profitti. I migliori leader di customer experience chiudono il ciclo tra intuizione e azione attraverso l’organizzazione aziendale stessa. In questo caso, l’obiettivo è riconoscere e affrontare l’esperienza del cliente. 
Inoltre, per brillare di luce propria identificando o si creano gli schemi, attraverso indagini qualitative e quantitative, che servono per un miglioramento continuo.

4. Pensare in orizzontale, agire in verticale

Le grandi aziende sono organizzate attorno a dei contenitori di unità funzionali e business. Infatti, esistono per una buona ragione: 

  • Stabilire le priorità e gli interessi.
  • Consentire all'azienda di avere un’organizzazione che possa operare su larga scala.

Questi confini, se organizzati male, possono generare dei risultati negativi e lasciare emozioni sgradevoli per l'esperienza del cliente. 
Le migliori conoscenze dei leader customer experience servono per creare un design orizzontale e verticale che considera le esigenze e gli obiettivi dei clienti, al fine di orientare la propria azione rapidamente e sotto le quinte.

5. Occhio per i dettagli

I clienti, in genere, giudicano sulla base della loro ultima migliore esperienza. Essi si aspettano esperienze semplici, eleganti e ben progettate. I migliori leader customer experience seguono i principi del design thinking, che inizia con gli obiettivi del cliente e mette da parte le ipotesi che riguardano vecchi dogmi e vincoli che si frappongono. Il loro compito è assicurare elevati standard qualitativi e la coerenza sia durante i propri rapporti commerciali sia tramite i numerosi rapporti che si stabiliscono.
Naturalmente si deve avere una particolare attenzione ai canali comunicativi e relazionali che s’intersecano, che consentono esperienze d'insieme di fondamentale importanza.

6. Incentivo all'azione

Con tutto il clamore digitale, alcune aziende dimenticano di investire sui propri clienti. I migliori leader della customer experience definiscono un insieme comune di esperienze per il proprio cliente detto KPI ovvero: indicatore chiave delle performance; che guida e allinea l'intera organizzazione, e monitora costantemente i vari reparti; al fine di essere responsabili per un miglioramento continuo. Invece di cercare di controllare ogni esperienza, si creano incentivi e una cultura che motiva, rafforza e ispira i comportamenti giusti su larga scala.

7. Innovare continuamente

I migliori leader customer experience non danno mai per scontato il valore e la reputazione della propria azienda. Al contrario, s’impegnano a un processo di rinnovamento continuo della loro proposta di valore. Essi riconoscono la natura dinamica dei mercati, l'instabilità e la fedeltà alla marca; soprattutto sanno che non devono mai riposare sugli allori.

mercoledì 28 settembre 2016

Le Pratiche Commerciali nel Codice del Consumo


Di Salvatore Daniele Gambitta


Customer experience significa, prima di tutto, curare il rapporto con i clienti attraverso pratiche commerciali corrette. Tuttavia, capita di rimanere interdetti da impiegati e dirigenti che hanno un atteggiamento o una condotta contraria alla comune deontologia professionale. Impariamo a capire e riconoscere questi comportamenti.

La serietà e il prestigio di un’azienda si percepiscono dal rapporto che instaura con i propri clienti e dalle pratiche commerciali che essa adotta.
Trovare un ambiente appassionante; essere a contatto con un personale cortese e simpatico non sempre è tutto. Di tanto in tanto, i punti vendita usano delle pratiche commerciali poco conformi alla “diligenza professionale”, e mettono in pratica dei comportamenti che causano danno ai consumatori o alle stesse micro imprese.

In Europa vige il Codice del Consumo, emanato in Italia nel 2005, disciplinate le norme da osservare nello svolgimento dei rapporti commerciali. Le norme servono da tutela per i consumatori e precetto di buon comportamento per l’esercizio di un’attività commerciale.
Presso il sito www.codicedelconsumo.it sono elencate le norme utili sia per i consumatori sia per gli imprenditori; in particolare sono precisate le tre abitudini commerciali considerate sleali che il commerciante furbo utilizza: le pratiche commerciali scorrette, ingannevoli e aggressive.

Nell’Art.2 del Codice del Consumo spiccano i capisaldi della disciplina e sono messi ai primi posti: il diritto alla salute, la sicurezza, la qualità dei prodotti e dei servizi. Queste caratteristiche sono ritenute essenziali per il nostro ordinamento.
L’altro principio indispensabile è il diritto ad avere informazioni adeguate e una pubblicità corretta nell’esercizio delle pratiche commerciali. Inoltre, titolari e impiegati devono agire secondo il principio della buona fede, correttezza e lealtà.  
Continuando con il diritto all’informazione, l’Art.5 specifica che le informazioni, in un’attività, devono essere “chiare e comprensibili”, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore.

L’articolo 18 introduce le disposizioni generali che riguardano: “Pratiche commerciali, la pubblicità e le altre comunicazioni generali”. Definisce le pratiche commerciali tra professionisti e consumatori: “Qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, riguardo alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.

All’interno di ogni azienda è previsto un “codice di condotta”, che definisce il comportamento dei professionisti che s’impegnano a rispettare tale codice; a proposito di una o più pratiche commerciali, a uno o più settori imprenditoriali specifici. Inoltre è previsto un “responsabile del codice” che salvaguarda la “diligenza professionale”e assicura l’attenzione e la competenza che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti, rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede, nel settore di attività del professionista.

Le pratiche commerciali scorrette sono tali quando è alterato il rapporto economico tra il consumatore e il professionista che adotta un comportamento contrario alla normale diligenza, come recita l’Art.20.
La pratica commerciale è un’azione, un comportamento, una comunicazione commerciale (compresa la pubblicità e la commercializzazione di un prodotto); fatta da un professionista riguardo alla promozione, alla vendita o alla fornitura di un bene o servizio ai consumatori.

La pratica commerciale diventa scorretta quando l’esercente viola la diligenza professionale, che è legittimo attendersi dal professionista; e induce il consumatore a prendere una decisione, che normalmente non avrebbe preso.
In particolare sono protetti i “consumatori e gruppi di consumatori chiaramente individuabili e particolarmente vulnerabili […] per la loro infermità mentale o fisica, per la loro età o ingenuità”.
Con l’articolo venti del codice del consumo, il diritto a essere “adeguatamente informati e avere una corretta pubblicità” diventa un diritto fondamentale per il cittadino quando: stipula un contratto, usufruisce di una promozione, di un’offerta; quando ascolta la pubblicità o una comunicazione.
Tra le pratiche commerciali scorrette rientrano le forniture non richieste e i servizi finanziari non richiesti.
Per i contratti conclusi a distanza, i consumatori devono fare esplicita richiesta su supporti durevoli per la fornitura di un servizio o la vendita di un prodotto, e possono esercitare il diritto di recesso entro quattordici giorni dopo l’acquisto.

Le Pratiche commerciali ingannevoli sono numerose; rientrano nella categoria le “informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, nella sua presentazione, induca o è idonea a spingere in errore il consumatore […] e lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso”.

Tra i numerosi errori previsti all’Art.21, spiccano le caratteristiche principali del prodotto: il prezzo, l’assistenza post-vendita, il trattamento dei reclami, la consegna, l’idoneità, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine. Si considera la condotta ingannevole anche quando genera confusione sul marchio o la sua origine.

Tuttavia le pratiche ingannevoli in Italia più difficili da sconfiggere, riguardano le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari quando “ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all’apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario”.

Un comportamento è considerato mendace quando esistono delle omissioni ingannevoli che riguardano informazioni rilevanti per il consumatore mentre deve prendere una decisione consapevole.
Rientrano nel novero delle omissioni ingannevoli gli occultamenti; le presentazioni del prodotto in modo oscuro (per esempio le ricette segrete), in modo incomprensibile, ambiguo o fuori tempo. Nonché quando è omesso il prezzo o quando sono imposte delle restrizioni in termini di spazio e di tempo.

Nel caso di un invito all’acquisto il consumatore deve sempre controllare: a) le caratteristiche principali del prodotto;
b) l’identità del professionista e la denominazione sociale della propria azienda;
c) Il prezzo comprensivo delle imposte;
d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami;
e) l’esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto, per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto.

Le pratiche commerciali aggressive sono considerate tali quando il venditore usa “molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio a proposito del prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”

L’articolo 25 de CdC prende in considerazione il ricorso alla minaccia fisica o verbale; lo sfruttamento da parte del professionista di un evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore. Rientra tra l’altro, qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale gesto sia manifestamente temeraria o infondata.

In ogni caso l’Art.26 considera aggressive le pratiche commerciali che creano l’impressione al consumatore di non poter lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto.
Quando in venditore, a casa del consumatore, ignora l’invito a lasciare la propria residenza.
Quando sono effettuate ripetute richieste commerciali per telefono, fax, posta elettronica o altro mezzo di comunicazione. Sono comprese le pubblicità che esortano i minori affinché acquistino o convincano i genitori a comprare i prodotti reclamizzati.
Tra le numerose azioni sono compresi i pagamenti immediati di prodotti che, il professionista ha fornito, ma il consumatore non ha richiesto. Informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista;
Lasciare intendere che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione, un premio o una vincita equivalente, mentre, in effetti, non esiste alcun premio né vincita.



mercoledì 3 agosto 2016

TIPOLOGIA DEL BISOGNO.


Individuare il comportamento dei consumatori è alla base della strategia che porta alla soddisfazione dei bisogni. Un’azienda deve aver chiara cosa produce, a chi vende e come vende; in modo da creare un ambito operativo e strategico, che dia una buona immagine di se.

Il concetto di bisogno è multiforme, sopratutto nel mondo del marketing. 
Abbott distingue tra bisogni generici e bisogni derivati.
  • Il bisogno generico è la soluzione a un bisogno, attraverso l'acquisto di un prodotto o l'uso di un servizio.
  • Il bisogno derivato è la risposta a un bisogno.
Per esempio: devo andare a lavoro, mi serve un'automobile per spostarmi. L'acquisto dell'autovettura è sia la soddisfazione a un bisogno generico, che varia in base alle necessità di un consumatore; sia la risposta al bisogno derivato, nel soddisfare le esigenze della società. Come possibilità si può avere una rete di trasporti pubblici efficienti e confortevoli, che permetta di superare l'uso delle autovetture private negli spostamenti quotidiani.

Il bisogno generico varia continuamente e non è saturabile; il bisogno derivato è la risposta che il mercato fornisce attraverso il miglioramento o la sostituzione delle tecnologie.
Il compito del marketing è agevolare l'impresa ad adattarsi alla domanda costante che viene dal mercato, per dare delle risposte soddisfacenti verso un mercato che si evolve verso livelli superiori.

L'innovazione, in ogni ambito, stimola senza sosta la produzione di beni o servizi, che è destinata a soddisfare costantemente i bisogni generici. 
Il compito del marketing strategico è monitorare costantemente i bisogni generici e adattare la propria offerta al target di riferimento in modo da avere sempre un servizio efficiente ed efficace.

venerdì 22 luglio 2016

La trasparenza e la correttezza

Un giorno mentre vedevo uno spettacolo di comici famosi, nella piazza centrale del mio paese, divertendomi come un matto; la mia ragazza mi disse che aveva fame, anche a me era venuta un po' di fame e andai a prendere due tavole calde. Il prezzo mi sembrò troppo alto ma non protestai, pagai e tornai dalla mia ragazza. Durante il ritorno vidi i miei genitori che erano seduti a un tavolo dello stesso locale, dissi a mio padre di informarsi sul prezzo delle tavole calde e di riferirmelo successivamente, quindi tornai a godermi la serata.
L'indomani mio padre mi disse i prezzi e io capii subito che il proprietario si approfittò, raddoppiò letteralmente il prezzo credendomi un forestiero e, naturalmente, nascondendo i prezzi dei menù che devono essere esposti per legge. Di conseguenza non andai più e informai tutte le persone che conoscevo dell'accaduto.
Dopo poco tempo chiuse perché l'uomo oltre ad avere una brutta reputazione aveva visto una serie di eventi a lui sfavorevoli.
Ripensando oggi all'accaduto penso che, in un periodo di crisi, l'immagine e la reputazione di una piccola azienda ha un valore fondamentale per la sua sopravvivenza. Oggi più di ieri, i clienti più fedeli contribuiscono a costruire il maggior reddito all'azienda. 
Il proprietario di un attività deve sempre avere un occhio di riguardo per tutti e sopratutto deve essere trasparente quando dà un prodotto o eroga un servizio.