mercoledì 28 settembre 2016

Le Pratiche Commerciali nel Codice del Consumo


Di Salvatore Daniele Gambitta


Customer experience significa, prima di tutto, curare il rapporto con i clienti attraverso pratiche commerciali corrette. Tuttavia, capita di rimanere interdetti da impiegati e dirigenti che hanno un atteggiamento o una condotta contraria alla comune deontologia professionale. Impariamo a capire e riconoscere questi comportamenti.

La serietà e il prestigio di un’azienda si percepiscono dal rapporto che instaura con i propri clienti e dalle pratiche commerciali che essa adotta.
Trovare un ambiente appassionante; essere a contatto con un personale cortese e simpatico non sempre è tutto. Di tanto in tanto, i punti vendita usano delle pratiche commerciali poco conformi alla “diligenza professionale”, e mettono in pratica dei comportamenti che causano danno ai consumatori o alle stesse micro imprese.

In Europa vige il Codice del Consumo, emanato in Italia nel 2005, disciplinate le norme da osservare nello svolgimento dei rapporti commerciali. Le norme servono da tutela per i consumatori e precetto di buon comportamento per l’esercizio di un’attività commerciale.
Presso il sito www.codicedelconsumo.it sono elencate le norme utili sia per i consumatori sia per gli imprenditori; in particolare sono precisate le tre abitudini commerciali considerate sleali che il commerciante furbo utilizza: le pratiche commerciali scorrette, ingannevoli e aggressive.

Nell’Art.2 del Codice del Consumo spiccano i capisaldi della disciplina e sono messi ai primi posti: il diritto alla salute, la sicurezza, la qualità dei prodotti e dei servizi. Queste caratteristiche sono ritenute essenziali per il nostro ordinamento.
L’altro principio indispensabile è il diritto ad avere informazioni adeguate e una pubblicità corretta nell’esercizio delle pratiche commerciali. Inoltre, titolari e impiegati devono agire secondo il principio della buona fede, correttezza e lealtà.  
Continuando con il diritto all’informazione, l’Art.5 specifica che le informazioni, in un’attività, devono essere “chiare e comprensibili”, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore.

L’articolo 18 introduce le disposizioni generali che riguardano: “Pratiche commerciali, la pubblicità e le altre comunicazioni generali”. Definisce le pratiche commerciali tra professionisti e consumatori: “Qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, riguardo alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.

All’interno di ogni azienda è previsto un “codice di condotta”, che definisce il comportamento dei professionisti che s’impegnano a rispettare tale codice; a proposito di una o più pratiche commerciali, a uno o più settori imprenditoriali specifici. Inoltre è previsto un “responsabile del codice” che salvaguarda la “diligenza professionale”e assicura l’attenzione e la competenza che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti, rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede, nel settore di attività del professionista.

Le pratiche commerciali scorrette sono tali quando è alterato il rapporto economico tra il consumatore e il professionista che adotta un comportamento contrario alla normale diligenza, come recita l’Art.20.
La pratica commerciale è un’azione, un comportamento, una comunicazione commerciale (compresa la pubblicità e la commercializzazione di un prodotto); fatta da un professionista riguardo alla promozione, alla vendita o alla fornitura di un bene o servizio ai consumatori.

La pratica commerciale diventa scorretta quando l’esercente viola la diligenza professionale, che è legittimo attendersi dal professionista; e induce il consumatore a prendere una decisione, che normalmente non avrebbe preso.
In particolare sono protetti i “consumatori e gruppi di consumatori chiaramente individuabili e particolarmente vulnerabili […] per la loro infermità mentale o fisica, per la loro età o ingenuità”.
Con l’articolo venti del codice del consumo, il diritto a essere “adeguatamente informati e avere una corretta pubblicità” diventa un diritto fondamentale per il cittadino quando: stipula un contratto, usufruisce di una promozione, di un’offerta; quando ascolta la pubblicità o una comunicazione.
Tra le pratiche commerciali scorrette rientrano le forniture non richieste e i servizi finanziari non richiesti.
Per i contratti conclusi a distanza, i consumatori devono fare esplicita richiesta su supporti durevoli per la fornitura di un servizio o la vendita di un prodotto, e possono esercitare il diritto di recesso entro quattordici giorni dopo l’acquisto.

Le Pratiche commerciali ingannevoli sono numerose; rientrano nella categoria le “informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, nella sua presentazione, induca o è idonea a spingere in errore il consumatore […] e lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso”.

Tra i numerosi errori previsti all’Art.21, spiccano le caratteristiche principali del prodotto: il prezzo, l’assistenza post-vendita, il trattamento dei reclami, la consegna, l’idoneità, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine. Si considera la condotta ingannevole anche quando genera confusione sul marchio o la sua origine.

Tuttavia le pratiche ingannevoli in Italia più difficili da sconfiggere, riguardano le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari quando “ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all’apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario”.

Un comportamento è considerato mendace quando esistono delle omissioni ingannevoli che riguardano informazioni rilevanti per il consumatore mentre deve prendere una decisione consapevole.
Rientrano nel novero delle omissioni ingannevoli gli occultamenti; le presentazioni del prodotto in modo oscuro (per esempio le ricette segrete), in modo incomprensibile, ambiguo o fuori tempo. Nonché quando è omesso il prezzo o quando sono imposte delle restrizioni in termini di spazio e di tempo.

Nel caso di un invito all’acquisto il consumatore deve sempre controllare: a) le caratteristiche principali del prodotto;
b) l’identità del professionista e la denominazione sociale della propria azienda;
c) Il prezzo comprensivo delle imposte;
d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami;
e) l’esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto, per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto.

Le pratiche commerciali aggressive sono considerate tali quando il venditore usa “molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio a proposito del prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”

L’articolo 25 de CdC prende in considerazione il ricorso alla minaccia fisica o verbale; lo sfruttamento da parte del professionista di un evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore. Rientra tra l’altro, qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale gesto sia manifestamente temeraria o infondata.

In ogni caso l’Art.26 considera aggressive le pratiche commerciali che creano l’impressione al consumatore di non poter lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto.
Quando in venditore, a casa del consumatore, ignora l’invito a lasciare la propria residenza.
Quando sono effettuate ripetute richieste commerciali per telefono, fax, posta elettronica o altro mezzo di comunicazione. Sono comprese le pubblicità che esortano i minori affinché acquistino o convincano i genitori a comprare i prodotti reclamizzati.
Tra le numerose azioni sono compresi i pagamenti immediati di prodotti che, il professionista ha fornito, ma il consumatore non ha richiesto. Informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista;
Lasciare intendere che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione, un premio o una vincita equivalente, mentre, in effetti, non esiste alcun premio né vincita.